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Buona educazione politica dice che tanto il campo da gioco che le regole della partita siano concordate -se non unanimemente- dalla grande maggioranza dei contendenti.

 

La nostra Costituzione impone i 2/3 dei consensi dei parlamentari per ogni sua modifica.

Altrimenti decide il popolo col referendum.

 

Anche questa volta (annusiamo l’aria) sarà quest’ultima strada a prevalere.

 

Come accadde con Matteo Renzi che, da quella …botta, intontito, non si risvegliò più e che continua a inanellare giochetti su giochetti.

 

Al prode guerriero venne brutalmente stoppata la palla e l’annichilito (già abile) cestista -meraviglia delle meraviglie toscane- ruzzolò a terra, spezzandosi la schiena.

 

Accadrà così anche alla Super-Giorgia dé nòántri?

 

La maggioranza di governo stenta a “trovare la quadra”, con il ministro Calderoli che scalpita per un vecchio ritorno di fiamma (le autonomie regionali di bossiana memoria) e l’ineffabile Tajani che opta per il premierato (se cade il PdC si sciolgono le Camere: in Italia avremmo già votato 31 volte invece di 19, oppure 68 volte se si mirano i governi)…

 

Questa ultima soluzione sarebbe la più gradita “ai partiti che compongono la maggioranza di governo” (Tajani).

 

E a sinistra che si dice?

 

Calenda afferma saccente che “non si tocchi la figura del PdR”, il M5S lancia un’esca alla Schlein sulla indisponibilità a trattare e Renzi che -come ieri- opta per il “Sindaco d’Italia”.

 

Che succederà?

Meloni sta a guardare ma se potesse …

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