INDICI DI POVERTÀ E IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Sapete qual’è la zavorra che rende forte l’opposizione di sinistra che dice che il fallimento del governo Meoni è dimostrato dall’aumento degli indici statistici di povertà?
L’afflusso di immigrati clandestini (ora in calo), puntualmente misurato dall’ISTAT.
Anche perché essi sono doverosamente curati e mantenuti ad un livello economico di assistenza minima che, fatalmente, finisce per abbassare le statistiche di crescita e di ricchezza nazionali.
Nel 2019 c’erano quasi 1,7 milioni di famiglie in povertà assoluta (6,4% del totale), con oltre 4,5 milioni di individui.
Un significativo calo rispetto all’anno prima (2018) quando esso era pari al 7,7%.
Nel 2022 (ci dice l’AVVENIRE, ndr) quelle famiglie erano cresciute di 2,18 milioni e gli individui di ben 5,6 milioni.
Questo è un dato che si perpetua da quasi un decennio, quando le famiglie colpite da “povertà assoluta” erano già 1,6 milioni e le persone avevano superato i 4 milioni.
Questi indici toccano specialmente il Mezzogiorno: dove il dato disoccupazionale supera abbondantemente il 15%, contro il 5,8% del Nord e il 5,3% del Centro.
L’incidenza è più alta nelle famiglie con un maggior numero di figli piccoli: che raggiunge il 22,5% di assistiti in quelle che hanno oltre 5 componenti (erano il 6,9% nel 2021).
Gli italiani in povertà assoluta sono ora pari al 7,4%.
Più barconi più povertà ISTAT, insomma.
Ecco un altro motivo per cui essere il porto di approdo è doppiamente penalizzante. Non è facile da spiegare.
Ma in Europa lo sanno.
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