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Ogni elezione politica ha significato diverso. Soprattutto qui da noi.

Ché poi la traduzione parlamentare delle stesse venga oltremodo distorta é altrettanto inequivocabile.

 

Prendiamo ad esempio l’ultima che abbiamo avuto.

 

Montecitorio e Palazzo Madama sono state riempite -nel 2018- con dei giovani di belle speranze che si immortalavano con l’apriscatole in mano.  Rivoluzionari allo stato brado.

 

Poco attenti all’etica parlamentare, però tuttavia espressione di una Italia perennemente scontenta che -anche in quella occasione- si sfogò.

L’anno prima, nel mondo, c’erano stati molti eventi importanti, a cominciare dalla fine del sogno dello Stato Islamico: che avrebbe polverizzato, spargendoli, terroristi solitari in giro per il mondo: mettendo in crisi i sistemi di sicurezza di ogni Paese.

 

Ma fu pure quello il primo anno della Presidenza USA del tycoon Trump, che venne subito stampigliato nel berretti dell’evolvente Matteo Salvini.

Ché si affrettò pure a sponsorizzare, tra un Papeete e un altro, la battaglia d’indipendenza della Catalogna: fatto questo che il sistema monarchico democratico iberico non mancò di tradurre in condanne e carcerazioni.

Qualche mese dopo votò il Belpaese: che originò un Parlamento troppo perfettamente impallato.

Il buon PdR Sergio Mattarella sudó le classiche 7camicie per varare una perfetta “alleanza-tra-opposti” che sigiolló insieme Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due vicepremier del governo Conte I.

 

Un governo che verrà ricordato per aver dato la luce a quella sorta di ET chiamato “reddito di cittadinanza”.

Strana bestia economica: un misto tra assistenzialismo caritatevole, vacua produttività economica e pure accensione di speranza ai migranti, che passerà alla storia quale forma originale di redistribuzione del reddito.

Fu Salvini che diede fuoco alle micce che fecero deflagare quel governo.

Si costituì allora l’esecutivo “Conte II”, che l’altro Matteo cannoneggió con indubbia perizia, portando alla ribalta politica nostrana quel Mario Draghi che -da abile dispensatore della nostra spesa pubblica quand’era dirigente al Tesoro nella I Repubblica- aveva retto con grande perizia le sorti della potente BCE.

Il PdC Mario non fu mai  sfiduciato: semplicemente egli ha preferito -in accordo con il PdR- il gestire con più  sicurezza i denari (e gli impegni presi) del PNRR.

Certi che, con quel Parlamento sciolto, l’impresa sarebbe stata più agevole.

 

Il buon Mattarella (non ce lo dirà mai, neanche sotto tortura ndr) ha pure accondisceso.

Affidando a Mario pieni poteri e pagando pure il bel biglietto di ritorno a… tutti quelli con l’apriscatole!

E siamo ai nostri giorni.

Con il guastatore Salvini incamerato nella…inossidabile…stanza di destra (il centro non vive più da quella parte là, posto che Forza Italia è ormai stata relegata a… portare fuori Dudú, ndr), che ha in Giorgia Meloni proprio front-runner.

 

Dall’altra parte c’è un vero e proprio caravanserraglio di speranze, utopie, insoddisfazioni, tesi rivoluzionarie, ambientaliste, marxiste, liberali di sinistra, leniniste, socialdemocratici, comunisti, popolari, repubblicani e radicali, che fanno fatica a ritrovare il filo conduttore tra centinaia di libri impolverati e Tablet.

Però, almeno, a guardar bene, il filo conduttore c’è, eccome, anche se alcuni ne hanno dissentito nel corso della Legislatura: è il preciso documento -persino cadenzato trimestralmente- che il governo Draghi ha presentato, controfirmato e vidimato di tutto punto, alla CE.

 

Da cui non sarà possibile esulare almeno fino al 2024, pena il blocco dei sonanti finanziamenti che l’Europa ci eroga con puntualità.

 

Che farà la destra?

Senza di quei denari ci imporranno una bella tassa Patrimoniale per andare avanti fino alla prossima puntata?

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