UN CENTRO PRAGMATICO E DI BUON GOVERNO

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Come poter creare un’area di proposta europea, atlantista e moderata, capace di riportare un minimo di calma razionale dentro a questa politica confusa e urlata?

Ché sia attrattiva per i delusi moderati che pure albergano -di qua e di là- nell’assurdo sistema forzatamente bipolare?

 

Capace di contendere prima, per toglierlo poi, ogni spazio vitale ai populisti sovranisti antieuropei?

 

Insomma, per dirla con Carlo Calenda: “un polo del pragmatismo e del buongoverno, per spezzare il bipopulismo”?

 

Ove questi riuscissero a diventare gli obiettivi ultimi, prima di tutto servirerebbe che il nostro sistema elettorale fosse riformato entro l’anno che ci separa dalle elezioni Politiche del 2023.

 

Ci vorranno due disponibilità da parte di Mario Draghi.

 

Non solo di correre il rischio di non mantenere qualche impegno pure sottoscritto in sede PNRR con l’Europa, ma anche di fare qualcosa in più.

 

Mettendo a disposizione del Paese la sua grande esperienza e la sua personale credibilità internazionale per guidare una grande coalizione trasversale che andrebbe subito dichiarata: del tutto opposta ai sovran-populisti.

 

Perché il “placet” degli elettori è più che mai necessario.

 

Sia nell’area di centrosinistra, emarginando le parti più oltranziste del M5S; che nelle zone ora prevalenti a destra: con i due cingolati estremi, il meloniano e il salviniano.

 

Nel primo caso sarebbe necessaria la forza unisona di Enrico Letta e Dario Franceschini (con gli ok di Matteo Renzi e Carlo Calenda, ndr); ma pure quella di Silvio Berlusconi e Giancarlo Giorgetti (con il placet di Luca Zaia) -nell’altro campo- gioverebbe assai, ché sarebbe determinante.

 

IL poco tempo che è disponibile per una riforma vera potrebbe pure suggerire dei piccoli aggiustamenti percentuali, capaci di abbassare -a esempio- anche al di sotto del 25% la quota maggioritaria.

 

Con l’attribuzione di una parte minima proporzionale -del 75%- diverrebbe potabile (nonostante la riduzione dei parlamentari, ndr) la ricostruzione, sulle macerie del maggioritario, di un minimo di libertà e razionalità politiche.

 

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