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Non sarà una politica molto liberale ma per noi va fatta subito.

 

La valutazione approssimativa di una Tabella OCSE recentemente pubblicata ha evidenziato quanto la “differenza percentuale media” tra gli stipendi netti italiani -trentennio 1990/2020- sia stata la più bassa d’Europa.

 

Dopo un più che ovvio momento di sbigottimento abbiamo potuto razionalizzare meglio la questione.

 

Noi non crediamo che tutti quei Paesi che ci precedono abbiano avuto gli stessi livelli di garanzie previdenziali che ancora abbiamo noi qui in Italia. Anzi.

 

Dei “benefit” che -anche grazie ad azioni sindacali di spessore- già dagli anni ’70 noi vantavamo e che ci hanno resi invidiati dal mondo intero.

 

Valori che, a tutti gli effetti (anche se sostenuti “in primis” dal datore di lavoro, ndr), sono nel pieno diritto dei lavoratori.

 

Quindi rimandiamo al mittente ogni considerazione approssimativa del qualunquista.

 

Un problema che, tuttavia, ci angustia assai oggi è quello che si sta profilando con l’aumento del tutto incontrollato dei prezzi.

 

Con aumenti percentuali che, in taluni casi, non si ricordano così elevati dal lontano 1986.

 

Le domande che ciò ci fa sorgere sono due.

 

La prima. È ancora del tutto corretta la politica monetaria che la BCE sta praticando con dei tassi di interesse negativi?

 

E la seconda. Cosa possono fare Governo e Parlamento per quanto attiene le politiche di Bilancio?

 

Dicono che la Presidente Christine Lagarde stia già ponderando una qualche correzione.

Ché avrebbe senso per non veder dispersi -del tutto o in parte- i fluidi positivi del PNRR.

 

Per quanto attiene il secondo aspetto: è forte l’impulso a “tirare il freno a mano”… a dei prezzi, quantomeno sui beni di più largo consumo (quelli alimentari e dei servizi in primo luogo).

 

Non sarà molto liberale, ma l’impoverimento della gente va fermato.

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