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Le recentissime vicissitudini M5S
-senza Di Maio- ci testimoniano quanto il dire sempre di “no” a qualsivoglia esercizio della responsabilità di governo sia ormai diventata una pratica premiante.

Capace di cicatrizzare tutte le ferite, anche quelle identitarie.

Questa sorta di oscura e fascinosa perversione negativa ha sempre -negli ultimi tempi in special modo- ispirato le scelte elettorali della maggioranza dei nostri connazionali: che sono persino giunti, ebbri di maggioritario, a votare que “NO-a-tutto” che ha ricolmato di guasconi M5S i seggi del nostro Parlamento.

Questi sono gli effetti di un sistema maggioritario dove… non si fanno prigionieri!

Così abbiamo avuto  maggioranze raffazzonate e improvvide: a partire da quella che diede vita (era il 1994) al famoso governo “Berlusconi I”.

Nacque, quella coalizione, da un oscuro patto tra parenti-serpenti (Bossi e Fini) che l’arguto Berlusconi riuscì a far passare con un primo inganno propinato al popolo.

Quella costruzione prevedeva una alleanza con la Lega al Nord (Alleanza Nazionale si presentò per proprio conto, ndr) e con Alleanza Nazionale, ma solo al Sud.

Salvo poi ricomporre i due litiganti a Roma: dove “l’imprenditore prestato alla politica” iniziò il suo…conflitto di interessi.

Non durò molto quella Legislatura perché il rude padano l’affondò subito.

Complice il PdR: a cui quel Parlamento risultò indigesto subito.

Subentrò allora, nel 1996, la sinistra: che si autodistrusse in 2 puntate.

A dimostrazione che l’opera di rammendo -sempre necessaria quando si conciliano diversi, ndr- non è affatto impresa consigliata.

Meglio dire sempre di “NO”.

Così siamo giunti alla situazione attuale, con Giorgia Meloni che recita lo stesso copione che recitó -con Prodi- un certo On. Turigliatto: quel sanguigno operaio mandò tutti a quel Paese, come ha fatto ieri Conte.

Turigliatto è scomparso dai radar, come farà Conte con la Meloni che, invece, viene data per vincente.

E voi pensate che Draghi si ricreda?

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